31 ottobre 1517.

Nessuno di noi era nato.

Non c’era Facebook e nessuno ha fatto una Instagram Story mentre un ragazzo di 34anni martellava 95 tesi alle porte della chiesetta di un paesello tedesco. Uno di quei paesi che anche Google Earth avrebbe fatto fatica a trovare.

Eppure siamo qui, oggi, dopo ben 500 anni a parlare ancora di Lutero e dell’eco di quella che è considerata la più grande “rivoluzione” all’interno della chiesa cristiana. Già, rivoluzione. Perché se i riformatori pensavano ad una riforma in seno alla chiesa storica, quello che accadde fu che da quel 31 ottobre 1517 le cose non furono mai più le stesse.

Ecco perché dei due termini “Riforma Protestante”, riforma non mi piace proprio. Non rende l’idea.

Lutero ha fatto una rivoluzione, un po’ come quella Copernicana quando il buon Niccolò fece una svolta di prospettiva, ponendo il Sole al centro del sistema di orbite dei pianeti.

Lutero e gli amici “riformatori” ci posero la fede, la grazia, la Scrittura, Cristo… tutti quegli elementi che si erano dovuti piegare a una chiesa che nei secoli era diventata un apparato al servizio dei giochi di potere piuttosto che il prolungamento degli insegnamenti del suo ispiratore e maestro – quel tale Gesù da Nazareth.

Quindi togliamo Riforma.

Che poi, a dirla tutta, a me non sta bene neanche il secondo termine.

Quando io penso a un protestante, immagino qualcuno che è lì cartello da una mano e forca dall’altra a contestare l’ordine costituito. A me lo dicevano da piccolo, che protestavo sempre. Non per la mia fede, ma perché non mi andava mai bene nulla e volevo sempre trovare un pretesto per contestare qualcosa.

Ma facciamo un breve passo indietro, con l’aiuto del caro buon vecchio Wikipedia.

Nella seconda Dieta di Spira (1529), i principi che si erano schierati a fianco di Lutero ed erano favorevoli alla riforma, redassero un documento comune che dichiarava come inviolabili i diritti della coscienza e della parola di Dio, di cui i principi avrebbero garantito la libera predicazione nel Sacro Romano Impero. Tale documento iniziava con la parola protestamur, ovvero “dichiariamo solennemente”, e questo termine venne a indicare per estensione le chiese cosiddette “evangeliche” che ebbero fondamento ed origine dalla riforma protestante, e il cui diritto di esistenza veniva riconosciuto proprio grazie a quel protestamur.

Ecco che noi, evangelici, protestanti, appartenenti a quel cosiddetto terzo cristianesimo che conta quasi un miliardo di persone in tutto il mondo, non amiamo protestare.

Amiamo, però,

dichiarare solennemente.

Allora non chiamiamola più Riforma Protestante.

Chiamiamola “Rivoluzione di quelli che dichiarano solennemente”.

Perde un po’ in efficacia pubblicitaria, ma rende decisamente meglio il senso.

Perché quello che ci contraddistingue in questi 500anni di storia è la voglia di voler sempre dire (e dare) qualcosa. Di non rimanere impassibili di fronte a un mondo in continuo cambiamento, ma di fronteggiarsi ad esso – Bibbia alla mano – proponendo una prospettiva diversa. Nuova. Pericolosa. Eversiva. Sconvolgente. Rivoluzionaria. Biblica.

Ora, 500 anni dopo, tante cose sono cambiate.

La chiesa contro cui si schierarono i riformatori non esiste più, se pensiamo che anche il mondo cattolico stesso si trova in un lento ma costante processo di riforma – come interpretare diversamente la scelta di Bergoglio, amico degli evangelici, come Papa?

Dicevo, oggi non c’è più quel confronto/contrasto tra chiese, tanto che in molti territori i cristianesimi di ogni provenienza lavorano fianco a fianco appoggiandosi su ciò che unisce, anziché ergersi contro ciò che divide.

E allora, 500 anni dopo, ancora oggi servirebbe una Riforma, anzi una Rivoluzione.

Non una protesta, ma una nuova Solenne Dichiarazione.

Perché il messaggio è ancora il più forte che sia mai stato ascoltato.

E la sua voce, può cambiare le sorti della nostra Italia, dell’Europa. Dell’umanità intera.

500 anni.

500 anni dal coraggio di un uomo, che sfidò ogni pericolo per dar voce alla propria coscienza.

Quale può essere per noi oggi l’eredità di quel gesto, se non nel farci ispirare da quello stesso coraggio per schierarci nei confronti di ogni ingiustizia e decadimento che s’insinuano, oggi come ieri, in seno all’intera chiesa di Dio?

Allora… tanti auguri chiesa “riformata”.

E che tu possa essere ogni giorno sempre più bella, autentica, fedele.

Past. Giacobbe

 

Per info, un breve video sulla storia della Riforma.

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